Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (Ivafe) sul conto trading estero

da AgenziaEntrate.gov.it IVAFE

Le persone fisiche residenti in Italia che detengono all’estero attività finanziarie devono versare un’imposta sul loro valore: l’Ivafe.

L’imposta IVAFE si applica su queste attività finanziarie:

  • partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti residenti o non residenti, obbligazioni italiane o estere e i titoli similari, titoli pubblici italiani e i titoli equiparati emessi in Italia o all’estero, titoli non rappresentativi di merce e certificati di massa (comprese le quote di Oicr), valute estere, depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero indipendentemente dalle modalità di alimentazione (per esempio, accrediti di stipendi, pensione o compensi) contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, tra cui, finanziamenti, riporti, pronti contro termine e prestito titoli, nonché polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione stipulate con compagnie di assicurazione estere
  • contratti derivati e altri rapporti finanziari stipulati al di fuori del territorio dello Stato
  • metalli preziosi allo stato grezzo o monetato
  • diritti all’acquisto o alla sottoscrizione di azioni estere o strumenti finanziari assimilati
  • ogni altra attività da cui possono derivare redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera.

Si considerano attività possedute all’estero anche le attività finanziarie detenute, per esempio, in cassette di sicurezza all’estero o tramite intermediari non residenti. Le stock option, invece, sono soggetti all’imposta IVAFE solo nel caso in cui siano cedibili.

Base imponibile e aliquote IVAFE

L’imposta IVAFE, dovuta proporzionalmente alla quota di possesso e al periodo di detenzione, è stata stabilita, per il 2012, nella misura dell’1 per mille annuo del valore delle attività finanziarie. A decorrere dal 2013 l’imposta IVAFE è invece pari all’1,5 per mille annuo.

Per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all’estero l’imposta è stabilita nella misura fissa di 34,20 euro per ciascun conto corrente o libretto di risparmio detenuti all’estero. L’imposta non è dovuta quando il valore medio di giacenza annuo risultante dagli estratti conto e dai libretti non è superiore a 5.000 euro. A tal fine occorre tener conto di tutti i conti o libretti detenuti all’estero dal contribuente presso lo stesso intermediario, a nulla rilevando il periodo di detenzione del rapporto durante l’anno. Se il contribuente possiede rapporti cointestati, al fine della determinazione del limite di 5.000 euro si tiene conto degli importi a lui riferibili pro quota.

Il valore delle attività finanziarie è costituito dal valore di mercato, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui le stesse sono detenute, anche utilizzando la documentazione dell’intermediario estero di riferimento per le singole attività o dell’impresa di assicurazione estera. Se al 31 dicembre le attività non sono più possedute, si fa riferimento al valore di mercato delle attività rilevato al termine del periodo di possesso.

Per le attività finanziarie che hanno una quotazione nei mercati regolamentati deve essere utilizzato questo valore. Per le azioni, obbligazioni e altri titoli o strumenti finanziari non negoziati in mercati regolamentati e, comunque, nei casi in cui le attività finanziarie quotate siano state escluse dalla negoziazione, occorre far riferimento al valore nominale o, in mancanza, al valore di rimborso, anche se rideterminato ufficialmente.

Se il titolo ha sia il valore nominale sia quello di rimborso, la base imponibile è costituita dal valore nominale. Quando, invece, manca sia il valore nominale sia il valore di rimborso, la base imponibile è costituita dal valore di acquisto dei titoli.

Dall’imposta IVAFE dovuta si detrae, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui sono detenute le attività finanziarie. Il credito non può in ogni caso superare l’imposta dovuta in Italia.

Non spetta alcun credito d’imposta se con il Paese nel quale è detenuta l’attività finanziaria è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni (riguardante anche le imposte di natura patrimoniale) che prevede, per l’attività, l’imposizione esclusiva nel Paese di residenza del possessore. In questi casi, per le imposte patrimoniali eventualmente pagate all’estero può essere chiesto il rimborso all’Amministrazione fiscale del Paese in cui le suddette imposte sono state applicate nonostante le disposizioni convenzionali.